Fidel Castro: morte di un rivoluzionario cubano.

Fidel Castro: morte di un rivoluzionario cubano.

26 Novembre 2016 0 Di Simone Caminada

Alle 10.00, orario cubano, di venerdì 25 novembre è morto Fidel Castro. Lo annuncia il fratello Raul con un intervento alla televisione di Stato.

Al di là di ogni sentimento e ogni credo politico, la figura del Lider Maximo è legata alla resistenza attiva contro le varie forme di dittatura dell’economia capitalista e delle democrazie americane, filo-americane, occidentali e, insomma, quelle in cui la maggioranza di noi vive pur non arrivando alla fine del mese.

Un’altra forma di dittatura, certo, nessuno può obiettare questo e nessuno vuol far intendere che Fidel fosse un santo ma, nel generale disorientamento provocato dall’attuale crisi (provocata a sua volta dai governi euro-americani, come è palese), l’isola ha reso possibili avvenimenti epocali di trasformazione radicale nei Paesi latino americani, per esempio. Brasile, Argentina, Bolivia, Venezuela, con le dovute differenze e anomalie di governo, non sarebbero esistite – per come oggi sono – senza la via dettata dalla Rivoluzione  di Cuba. Nel bene e nel male.

che-guevara-749799_1280Le sinistre europee, sempre meno a “sinistra” e sempre più di indole suicida, oggi forse potranno tirare un sospiro di sollievo e togliere quel velo di ipocrisia che ormai le teneva legate ad una ideologia incompiuta di socialismo, di lotta per i popoli a favor del popolo, di ribellione contro le oligarchie tecno-capitalistiche che sfruttano il lavoratore, la mano d’opera e, indirizzano il mondo verso l’appiattimento culturale e il consumo sfrenato.

Credo nei falliti. E Fidel in questo è stato l’eroe, il simbolo chiave di un fallimento totale. Perché credere in chi non ce l’ha fatta? Semplicemente perché solo coloro che hanno tentato, sono nel diritto di dire “ci ho provato”. È una battaglia enorme quella contro la moneta che tutto può comperare e, purtroppo, è davvero impensabile che ci sia davvero al mondo uno sfidante al suo livello.

Non di meno è fondamentale opporsi alle sue tentazioni, se queste vogliono dire sfruttamento, schiavitù, asservimento etc. L’America Latina, sotto l’impulso cubano, ha resistito finché ha potuto e non tutto è perduto. La cara e vecchia Europa, simbolo per antonomasia della Resistenza, è stata invece la prima a cedere il passo. Il maggio francese, le fabbriche di Genova e Torino, il romano Ciceruacchio (Angelo Brunetti, 1800-1849) e le satire di Pasquino contro il potere temporale del Papa-Re. Tutto sembra essere dimenticato. Tutto sembra essere storia buona per il libri.

Sembra quasi che l’Europa non abbia più spazio per la ribellione al tiranno: abbiamo visto qualcosa in Spagna recentemente; ci siamo delusi in Grecia con Tsipras; Brexit staremo a vedere e il M5S, anche lì, siamo un po’ fiduciosi e un po’ dubbiosi…

Ovviamente dire “tirannia” è forte e fuorviante, pensando al dominio politico economico degli States e della Germania della Merkel, ma certamente non è fuorviante ammettere la dipendenza che si sta creando, se non a volte la sudditanza ai diktat sovranazionali.

Dal primo castrismo ad oggi son passati ormai 50 anni e tutto è cambiato. Non, forse, il sogno di una rivoluzione, il sogno di una utopia necessaria per continuare a illudersi che il domani sia migliore anche per gli oppressi.