Politica – Referedum: Renzi, al capolinea, scende alla prossima!?

Politica – Referedum: Renzi, al capolinea, scende alla prossima!?

30 Novembre 2016 0 Di Francesco Greco

 

L’ascesa renziana, un’anomalia tutta italiana: prima si crea un format, poi si tesse attorno la cornice normativa per farlo passare all’opinione pubblica. Atout italian-style che fa impazzire gli opinionisti stranieri, specie anglosassoni. E la mamma non gli ha detto niente.

Un’anomalia tutta italiana. Un topos della cultura politica relativista, pseudocattolica e finto-rivoluzionaria.

Illusionista da sagra, Renzi non è stato mai eletto dal popolo sovrano (art. 1 della Costituzione), ha vinto primarie che qualcuno definisce “truccate” (8 dicembre 2013, il popolo di Silvio fu più decisivo di quello dei fax e delle feste dell’Unità). In crisi d’identità, e di liquidità, i poteri forti lo scambiarono per il messia venuto in terra a miracol mostrare: credettero ai lustrini della performance e le lobby (bancarie in primis, oberate di crediti non esigili, a babbo morto, con la fretta di essere “salvate”, ma anche quelle delle grandi opere) lo “nominarono” come al Grande Fratello. Il resto lo fece l’abilità retorica, quella dote da cui Montanelli diceva di guardarsi.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi durante la trasmissione Rai "Porta a Porta" condotta da Bruno Vespa. Roma, 15 dicembre 2015. ANSA/ANGELO CARCONISi portò B. come un trofeo di caccia al Nazareno (gennaio 2014) per ostentare potenza, da febbraio di quell’anno a Palazzo Chigi c’è un premier eterodiretto, che si fa scrivere tutto dai ghostwriter: deve solo “comunicare”. Parla ex cathedra, a reti e giornali unificati.

Lo tiene in vita un Parlamento a sua volta “nominato” dai capi di partito (Porcellum): così il popolo è ormai un accessorio inutile, ingombrante: è la democrazia al tempo dei pixel e di Assange, che col “Si” al referendum in arrivo getterà definitivamente la maschera, e poi sarà Z l’orgia del potere, bulimia.

L’appetito vien mangiando: ieri scacciò Letta perché incombeva la presidenza italiana dell’UE e il rinnovo dei vertici degli enti pubblici, e intanto si era fatto proclamare segretario del Pd. Oggi è padrone della Rai, già operativa, e col “Si” di tutti gli organi di controllo. Sarà prosciugata ogni agibilità democratica: non si vota quindi per cambiare la Costituzione, ma per conservare la democrazia, conquistata dai partigiani (buoni e cattivi) con la vita.

Lo sanno tutti, meno Cuperlo (ministro in pectore), che ha una carta in tasca firmata da Renzi per la riforma dell’Italicum. Ma se la Costituzione ha ancora un senso, benché sfatta da troppe lacerazioni, la si vuol tradire col colpo di grazia del restyling di 47 articoli. Grillo ha ragione: non ci si deve nemmeno provare.

Agli occhi del popolo il governo-Renzi non ha alcuna legittimità, è una continua forzatura (voto di fiducia su tutto e chi non ci sta “fuori! fuori!”). È il terzo dei non eletti dopo Monti e Letta. Un “nominato” e un Parlamento di “nominati” hanno poi “nominato” l’inquilino del Colle. Berlusconi ha ragione: Renzi usa il referendum per legittimarsi. Intanto grazie al Nazareno Renzi ha legittimato lui.

politica-referedum-renzi-al-capolinea-scende-alla-prossima4Col “Si” si nomineranno anche i senatori, prendendoli dalla provincia e dotandoli persino di immunità parlamentare: un bel premio per chi ha usato – non tutti certamente – i denari pubblici dei rimborsi per comprarsi il tagliaerba, i boxer o andare a escort. La replica è: la nostra è una repubblica parlamentare, che tradotto, “lasciateci fare i cavoli nostri e tu popolo continua a produrre ricchezza che poi noi eletti ci spartiremo vitalizi, tangenti, paradisi fiscali, eccetera”.

L’illegalità si è ormai sedimentata come diossina velenosa trasfigurata in una forma di legalità. Tant’è che ci si è scordati della mission di questo governo: fare una riforma elettorale decente (l’Italicum è robaccia) e portare il Paese al voto. Ma l’anomalia tutta italiana è come il laghetto di Narciso, dove ci si specchia e ci si invaghisce della propria immagine.

Di lacerazione in lacerazione, la legittimità che non viene dal popolo la si cerca con la riforma costituzionale: uno sconquasso che potrebbe provocare il crollo dell’architettura, facendo franare equilibri, pesi e contrappesi.

Mentre dal patetico si scivola nel grottesco (il “Si” abbaia contro il governo tecnico in pectore, promette ai malati di guarire, sta rinnovando tutti i contratti scaduti da anni, mance ai pensionati al minimo), il giocatore delle tre carte – che finanzia le banche e uccide la scuola – usa il referendum per avere finalmente la legittimità popolare. Come Carlo Magno, che si incoronò da solo strappando la corona dalle mani del Papa la notte di Natale.

Nonostante siano molte le favole smascherate del “Si”,  purtroppo, non basteranno le “molestie postali” (Travaglio), l’appello di Marchionne (potere forte in cashmere) e i voti degli emigranti: #Matteone è destinato alla sconfitta. E a lasciare il governo.

By frits Ahlefeldt

By frits Ahlefeldt

Lui non lo vede, ma i poteri forti, i mercati, Schaeuble (“Le raccomandazioni di Bruxelles sono rivolte al destinatario sbagliato”) lo hanno licenziato. Come Berlusconi nel 2011. Corsi e ricorsi. Ormai i popoli, dalla Brexit a Trump, sono irrazionali, basic istint, votano contro. È il populismo, bellezza! Nemmanco sa quali articoli si vuol modificare, vogliono solo scacciare il governo e la sua guida.

Gli artifizi dialettici, specialità della casa, non riusciranno a salvare il bullo della diretta. È il trend: chi propone un referendum è candidato alla sconfitta (Polonia, Colombia, ecc.). Il giornalismo masturbatorio tace tutto ciò, i grilli parlanti raccontano un mondo tutto loro, enfatizzano la propaganda del prestigiatore, ripresa dalla vecchia Dc (“Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare…”). Delle contestazioni ovunque vada tacciono.

Ma la seconda ragione è prevalente: dal 2008 siamo nel mezzo di una crisi che ha distrutto Pil, ricchezza, benessere, lavoro, futuro, speranza, creando povertà e precarietà. Altri Paesi dell’area UE (Irlanda, Spagna) sono usciti alla bell’e meglio. Noi, nonostante la congiuntura favorevole (petrolio ai minimi storici, euro forte, ecc.), non ce la facciamo ad agganciare la ripresa, siamo nella stagnazione, abbrutita dalle macerie dello stato sociale, e ora c’è anche lo spread.

I “cervelli” se ne vanno, e anche i pensionati. In un paese morto, ostaggio della tv spazzatura, restano soltanto i “garantiti” o coloro che ancora – forzati o no – credono alle favole.

Sarà quindi un referendum sul governo e la sua guida. La gente non sa cosa dice l’art. 70, o il 117, vuole solo far cadere il governo, perché non ce la fa più. Non ci sono altre chiavi di lettura presso l’opinione pubblica. Del Senato dei “nominati” non gliene frega niente a nessuno. Per il dopo-Renzi, un governicchio che metta mano a una legge elettorale decente e porti l’Italia alle urne a primavera, per un ritorno graduale alla normalità: le rivoluzioni, specie se finte, annoiano i popoli e – colpo di scena – persino i cosiddetti “poteri forti”.

Corsi e ricorsi, Enrico Letta (#staisereno) e Padoan sono in pole-position, in alternativa a Franceschini buono per tutte le stagioni e Carlo Calenda. Altra congiuntura astrale sfavorevole  per il  Boy scout (che occupa ogni spazio, dal soliloquio da Giletti a Zapping e poi ancora nel salotto della Barbara D’Urso).

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Al Quirinale non c’è più Napolitano disposto a tutto, anche a prendersi poteri che la Carta non gli concede. Ormai è “emerito”, anche se, all’italiana, vuol dare ancora le carte e un uomo del passato di Mattarella, il profilo istituzionale e la cultura giuridica, è una garanzia per un Paese stanco, stordito dalla propaganda e la fine di ogni regola, l’arbitrio pane quotidiano, le lacerazioni del senso, la desertificazione delle parole. L’UE e i mercati chiedono nuovi equilibri.

   Renzi è al capolinea, scende alla prossima.