La Murgia smacca Fusaro? Ideologia Gender e cantonate in mamma Rai.
14 Febbraio 2017La falsa stroncatura di “Pensare altrimenti” su “Quante storie” a Rai Tre.
Per Corrado Augias ho una “venerazione” particolare. Il suo atteggiamento, la sua cultura, la sua preparazione professionale. Augias su Rai Tre ha ritagliato un bello spazio dedicato alla critica letteraria, chiamato “Quante storie”. La rubrica, curata da Michela Murgia, volta per volta pone alcune considerazioni riguardo a libri che non vengono valutati proprio “necessari”; tempo fa toccò a Fabio Volo, qualche giorno fa è toccato a Diego Fusaro.
La Murgia è una scrittrice di successo. Ha fatto politica, militando per un periodo all’interno dei gruppi pro-indipendentisti sardi. Affronta spesso (sempre) temi legati alla precarietà, ed al mancato inserimento della donna nel panorama culturale e lavorativo contemporaneo. Insomma: donne, lavoro, Sardegna. E fin qui nulla di male, poiché una persona deve trattare cose che conosce bene.
I suoi libri sono ben scritti. Il suo parlare chiaro e schietto. A me la Murgia piace. Non posso dire lo stesso di Fusaro, non essendo né un suo fan, né un fan dei suoi ragionamenti. Non mi piace il suo modo di far condurre tutta la storia della filosofia all’idealismo hegeliano. Non mi piace il suo modo articolato e vetusto di affrontare ogni questione. Non mi piace il suo dito puntato sulle gerarchie politiche ed economiche, come se i cittadini fossero dei poveri martiri schiavi senza intelletto, anziché correi, almeno in parte, delle loro disgrazie.
Non mi piace la sua vanità, perché ha la “v” piccola, anziché la “V” maiuscola, che dovrebbe appartenere ad ogni filosofo degno di questo nome. Ed altro. Insomma, un qualunque manicheo potrebbe dire che a me “non piace Fusaro”: tuttavia, non lo trovo giusto, né corretto; ma va bene così. Se ne farà una ragione, sia lui, sia Fusaro.
Invece mi piace la Murgia. Il punto è che nel “recensire” il libro “Pensare altrimenti” di Fusaro, a mio parere, la signora ha preso una “cantonata”.
“Critica le distorsioni del capitalismo” asserisce la Murgia su Diego Fusaro, nel libro sul dissenso pubblicato dallo stesso editore della scrittrice. Per la Murgia il libro andrebbe contro la naturale “evoluzione dei diritti della società civile”. Se fosse vero, sarebbe un testo da mettere all’indice, anzi, da ritirare subito dal mercato. Vi sono scrittori e giornalisti che sono stati arrestati e messi in una cella delle patrie galere per molto meno.
Ma perché la Murgia si esprime in maniera così netta e precisa? La sua tesi, pare concentrata tutta su un argomento che, prima o poi, viene fuori, quasi che fosse l’unico argomento trattato nel saggio. La scrittrice, ora critica letteraria, per grazia di Augias, oltre a dire che Fusaro decontestualizzerebbe il pensiero dei filosofi del passato per piegarlo ai suoi scopi (ma questo è, da sempre, agli occhi di tutti), ammette che “la questione dei diritti mi sembra più rilevante”; nel farlo cita la riga a pag. 104 del saggio “L’ideologia gender rimuove la differenza tra uomo e donna, e demonizza come omofobo e intollerante chiunque non introietti supinamente questa nuova visione coerente con l’ordine mondiale”.
La scrittrice, ricordando l’importanza dell’uso e della correttezza delle parole (invero quella è forse una delle frasi più chiare che Fusaro utilizza nei suoi numerosi tomi), lo corregge sul significato di “ideologia Gender” con “studi di genere”. La Murgia ne tenta una breve definizione, se non che usa, nella sua conclusione, una frase raggelante, legata alle differenze biologiche uomo/donna: “possano continuare a fondare le differenze sociali, e … le discrepanze tra i diritti”.
A dire il vero, in tutto il post-modernismo ci siamo così preoccupati dei diritti di tutti, persino di quelli degli animali, e delle piante, che ci siamo dimenticati del diritto naturale.
Come l’etica si fonda sulla morale, poiché la legge che condanna, ad esempio, l’omicidio, si fonda sull’imperativo morale “non rubare!” così ogni diritto si sviluppa a partire dal diritto naturale. E qui nasce anche una obbligata definizione che distingue la persona dalla personalità. La persona è ciò che sono, la personalità è ciò che io voglio essere (e che non necessariamente deve essere legato a ciò che sono).
Ecco, la società civile può/deve tutelare proprio questo, ossia che una persona possa decidere di essere anche ciò che non è. Ma fondare un nuovo ordine lessicale, sociale, antropologico, basato sulla liquefazione dell’ordine naturale, in favore di un nuovo ordine civile (che tutela tutto, per non garantire niente) non è forse l’antitesi della ragione?
Non è forse insano, grossolano, blasfemicamente irragionevole, trogloditamente ripugnante, fors’anche risibile, cestinare un saggio che asserisce la necessità che l’uomo sia l’uomo e che la donna sia donna, e che al sistema economico-politico vigente occorre che non vi siano più differenze alcune? No! Non lo è, perché questo, o, meglio, la negazione di questo, è il nuovo dogma culturale del nostro tempo. Possiamo essere ciò che vogliamo; diritti per tutti, avanti un altro. Dare tutto a tutti, per non garantire niente.
La Murgia è sicuramente docente, perita, esperta, ricercatrice, saggista, dotta su tali questioni, anche se io lo ignoro. Ma sicuramente è così perché, altrimenti, non si spiegherebbe una linea tanto precisa sul saggio di Fusaro che, comunque, un curriculum scientifico lo vanta.
Ella si rinfranca dell’esistenza di una “gerarchia” delle opinioni, nella quale la sua è senz’altro tra i primi posti. Poi cita gli astronomi di un tempo, che discettavano di quanto la terra fosse piatta, in chiara polemica con Fusaro. In realtà, è proprio lei che sostiene la terra piatta o, meglio, la possibilità di accettare opinioni inerenti a ciò che è diverso dall’ordine naturale delle cose. Cita poi il suo pensatore-pittore preferito, Francisco Goya, nell’acquaforte che lo ha reso celebre: Il sonno della ragione genera mostri.
La fantasía abandonada de la razon produce monstruos imposibles: unida con ella es madre de las artes y origen de las maravillas.
La Murgia termina coniando una nuova, sagace frase: “Il sonno della ragione genera libri”, riferendosi evidentemente a quello di Diego Fusaro. Più che una critica, stavolta mi è parso che l’intelligente Murgia, oso, stesse recitando un copione, o assolvendo ad un compito: quello dell’abiura della fede.
Sia lei che Fusaro vengono da una cultura cattolica, mondo che li ha sostenuti per lungo tempo e ne ha dettato, sicuramente, le linee di pensiero. Sono certo che un “mostro sacro” come Augias può, giustamente, ammirare la mente della scrittrice, ma credo che egli difficilmente vada a nozze con determinate istanze della sua cultura religiosa d’origine. Insomma, se bella si vuol apparire, un po’ bisogna soffrire. E bella, in questo momento, lo è sulla Rai. Requiescat in Pace. Amen.
“Diritto naturale” è una formula, questa sì, risibile, che mostra quanto chi ha scritto l’articolo non sappia nemmeno cominciare a pensare filosoficamente. Si veda il mito di Protagora.
Esimio Sergio, chi ha scritto l’articolo, dopo dodici anni di studi e pubblicazioni, lauree, master e dottorati, docenze, in filosofia, umilmente si impegnerà a cominciare di pensare filosoficamente; lei, nel frattempo, rilegga l’articolo, e impari a leggere.
Danilo, l’amico Sergio non è stato certo equivocabile nelle sue accuse dirette, e forse ha un’idea diversa dalla tua, ma – per entrambi – restare nel limite del rispetto reciproco, sarebbe l’ideale per condurre una disamina del testo di Danilo. Disamina che tra l’altro, Sergio, non hai fatto e vedo solo un “lancio di sasso che nasconde la mano”. Sergio, gentilmente, puoi spiegare meglio la tua posizione e quel “si veda il mito di Protagora”? grazie, Simone
Il rispetto c’è nella mia risposta, prendendo anche caro il suo consiglio. Ribadisco, per te, la frase finale.
Il riferimento al mito di Protagora è presto detto: le cosiddette capacità naturali vengono da Epimeteo, che Promete corregge con le arti TECNICHE (per definizione non naturali, che riguardano l’uomo – si veda il libro B della fisica di Aristotele e il magistrale commento che ne diede Heidegger); neanche esse bastano, perché Zeus diede altre due virtù all’uomo. Ora, al di là di questo mito, è opportuno citare Nietzsche, dove scrive: “Tutti i filosofi hanno il comune difetto di partire dall’uomo attuale e di credere di giungere allo scopo attraverso un’analisi dell’uomo attuale […] come se l’uomo attuale fosse una aeterna veritas. Come un’entità fissa in ogni vortice, come una misura certa delle cose. Ma tutto ciò che il filosofo enuncia sull’uomo non è altro, in fondo, che una testimonianza sull’uomo di un periodo molto limitato. La mancanza di senso storico è il difetto ereditario di tutti i filosofi. […] Non vogliono capire che l’uomo è divenuto e che anche la facoltà di conoscenza è divenuta, mentre alcuni di loro si fanno costruire, da questa facoltà di conoscere, l’intero mondo. Tutto l’essenziale dell’evoluzione umana è avvenuto in tempi remotissimi, assai prima di quei 4000 anni che all’incirca conosciamo. […] Dell’uomo degli ultimi quattro millenni si parla come di un uomo eterno. […] Ma tutto è divenuto. Non ci sono fatti eterni, così come non ci sono verità assolute. Per conseguenza il filosofare storico è da ora in poi necessario e con esso la virtù della modestia”. Dove sta la natura del diritto, guardata in questa prospettiva? Nell’Egitto di 300 anni fa non c’è nulla di ciò che noi chimiamo diritto. Bene. Dice che la filosofia lo ha trovato. Come sta la filosofia rispetto alla vita più antica dell’uomo? Di più. La differenza tra pubblico e privato è qualcosa che è sempre esistito, o non sarà da indagarsi la genealogia di questa semplice distinzione, che a noi vieve così ovvia? Che filosofia è mai una filosofia che non domanda intorno ai suoi stessi concetti, e che non li guarda come DIVENUTI? Il povero Fusaro dice che la famiglia è una, perché lo dice Aristotele. Salvo che Aristotele non poteva guadagnare una prospettiva genealogica come quella di Nietzsche. Ora si può. Che ne faremo? Raccontandoci ancora la vecchia canzone da organetto della natura, senza guardare al fatto che questa è una parola divenuta? I diritti non sono nature da fissare, ma risultati da rivendicare – risultati culturali, e non certo regalatici da Epimeteo.
Sinceramente-da comune mortale quale sono- fatico a capire il senso di questo testo.
Non capisco bene cosa ( o chi) venga attaccato e cosa invece sia difeso.
Troppi giri di parole che alla fine, a me personalmente, confondono soltanto le idee.
Ma è così difficile esprimersi in modo che chiunque possa capire chiaramente ?
Quello che chiamate “Diritto naturale” dal mio p.o.v. è soltanto una conseguenza della “legge del branco”.
Ovvero: ciò che è comune (e fa la maggior parte delle persone di cui è composta una società) va bene, mentre le minoranze vengono sempre guardate storto o peggio odiate ed esiliate.
(Ricordo che un tempo anche le persone mancine o malate erano emarginate e trattate come fenomeni da baraccone. )
E’ la semplice “Paura della diversità”. Siccome è difficile da capire, allora si dice che “Non è naturale”.
E questa è la mia opinione “da ignorante”,
Saluti.
Da comuni mortali quali siamo tutti, può accadere di non capire. Accade ai dotti, figuriamoci a noi. La vita è fatta di domande: ho scritto comprensibilmente? Si deve chiedere uno scrittore. Ho letto attentamente? Si deve chiedere un lettore. Per entrambi, Cristina, lei mi mette nella squisita situazione di poter approfondire per lei che – lo ammette – non capisce, cosa sia il diritto naturale. Premessa: come scrivo nell’articolo, esistono leggi che puniscono i soprusi. Esse, fanno parte dei codici del diritto. La filosofia (del diritto) ha “creato” il diritto, e questo, la legge (le leggi), che obbligano a vivere in una certa maniera e misura (giustificate dai ragionamenti del diritto che, al vertice, sono ragionamenti di tipo filosofico), per coesistere con gli altri nostri simili. Ecco, questo è il terreno dell’ETICA, ovvero quella disciplina che studia e distingue i comportamenti umani leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti illeciti e sconvenienti, secondo un ideale modello comportamentale. Questo ideale modello comportamentale si chiama MORALE. L’etica riguarda la vita pubblica, mentre la morale riguarda la vita privata. Lo spiego molto dettagliatamente nel mio saggio “La fine del nostro tempo” edito da Dissensi nel 2015; non per farmi pubblicità, ma per fornirle opportuni riferimenti, che lei può trovare negli storici tomi di dottrina, universitari. Noi siamo ormai abituati a non distinguere tra etica e morale, perché i “maestri” della scuola e dell’università da almeno cinquant’anni non conoscono – o fanno finta di conoscere – alcuna distinzione. Questo è causato da uno spirito di polemica nei confronti della morale, vista come morale “religiosa”. In effetti, la legge (ad esempio) inerente l’omicidio e la sua illiceità, deriva dal comandamento anticotestamentario “non rubare” che, a sua volta, derivava da un preciso comandamento morale all’interno della coscienza. Nei gruppi o nelle società ideologiche (religiose o politiche) esiste solo la morale (Stato etico, che andrebbe ribattezzato, appunto, Stato morale), mentre nelle società laiche esiste l’etica che, però, come abbiamo letto, sempre dalla morale deriva. Ed ora, finalmente, dopo la dovuta introduzione, posso parlarle del DIRITTO NATURALE: questi è il diritto (morale) da cui si è evoluto il successivo Diritto positivo (etica). Ora, il diritto positivo, qual è il nostro, non può staccarsi dal naturale, senza diventare anch’esso una nuova morale, dogmatica, al servizio della classe dominante. Quello che dice Fusaro è, spesso, criticato, poiché rivela l’inganno di una morale (quella di massa, corrente, contemporanea, tanto criticata anche da Pasolini, che senz’altro non era un cattolico né un maestro di virtù morali) che si maschera da etica laica. Noi vogliamo fare alcune cose che non sono buone: fino a un certo punto sono tollerabili, se riguardano la sfera privata. Un tempo si facevano comunque, perché nessuno può vivere in perfetto allineamento con un’idea. Oggi, però, non vogliamo nemmeno sentirci dire che certe cose sono sbagliate, erronee, sconvenienti, che non stanno né in cielo né in terra: vogliamo avere il diritto di rubare, ad esempio, chiamandolo “esproprio proletario”; e così via. In realtà, all’industria mondiale conviene che non ci siano più distinzioni, che ognuno si sposi, che tutti lavorino, perché, in tal modo, tutti vengono tassati, tutti partecipano al sistema del consumo. Non è soltanto Fusaro a dirlo, ma vi è ampia letteratura in merito. Legga, ad esempio, qualcosa di Zygmunt Bauman. Lo so, queste cose vengono nascoste, in quelle altre cose chiamate “libri”. La realtà, che ci sfugge, è che la società dell’informazione di massa oggi fonda un nuovo statuto comportamentale di massa, quello che vede il non riconoscimento (anche culturale, sia ben chiaro) di ciò che “non esiste” come un’ingiustizia. Lei, giustamente, mi dirà che quelle “minoranze” esistono. La faccio riflettere sul fatto che esse non sono minoranze e, forse, non lo sono mai state. Ma come tutelare la “diversità” contro la paura e, non sia mai, l’aggressività? Questo sta a cuore a lei, a me, e credo anche ad altri. Semplice, capire che la PERSONA e la PERSONALITA’ sono due cose diverse. Lo scrivo nell’articolo che lei reputa troppo difficile, e che mi ha spinto, obbligatoriamente, ad approfondire meglio. Se lei mi dirà che non capisce, nemmeno ora, il senso di questo testo, e che vi sono troppi giri di parole, me lo dica senza problemi, perché io così me ne ritorno a scuola. Il fatto, però, che lei non veda ciò che è attaccato, e ciò che è difeso, è perché io non attacco nessuno, né difendo alcunché. Lo schema attacco/difesa è uno schema della nostra epoca, che le invito ad abbandonare, come ad abbandonare coloro che attaccano o difendono qualcuno, perché essi vivono nella sindrome di inferiorità perenne che, mi creda, è contagiosa. Naturalmente, la ringrazio.
Sono io che la ringrazio per la sua risposta e sono anche felice di aver appreso che la sua intendesse essere una semplice analisi “super partes”, se così si possiamo chiamarla.
Saluti.
Trovo l’articolo molto elegante ed anche comprensibile. Bella la penna di Campanella. Spinoso il tema eppure credo che lo abbia trattato con l’imparzialità ed il distacco a cui non siamo più abituati.
Campanella blasta laggente…..