Covid-19. La necessità di cambiare le regole mondiali dell’economia e della finanza
28 Marzo 2020On. Vitaliano Gemelli
Ho già espresso la mia opinione politica sulla globalizzazione, che assume la veste della pandemia del coronavirus Covid 19, con un sistema sanitario mondiale al collasso per effetto della contrazione del welfare state, mettendo a nudo i grandi limiti di un neo-capitalismo finanziario senza regole, affidato al “libero mercato”, che non è altro che la legittimazione della “legge del potere economico”.
Si era visto che con l’avvento di Trump erano saltati quasi tutti gli accordi internazionali, dal Trattato del Pacifico con il Sud-est asiatico a quello trans-atlantico, al Nafta, al Cop 21, al Trattato con l’Iran e a quello con la Russia, senza sottacere il ruolo avuto per la Brexit.
Tanto è avvenuto non per una mancanza di senno di Trump, ma perché egli rappresenta una forte lobby economico-finanziaria, che preferisce indebolire la forza delle Istituzioni, relegandole a simulacri a vantaggio del “governo dell’economia”, in un mercato libero dove l’unica legge è la forza del potere senza alcuna mediazione.
Tale logica porta anche alcuni Paesi dell’UE ad opporsi alla sospensione del Patto di Stabilità, alla emissione di Eurobonds, alla ristrutturazione e aumento del Bilancio europeo e alla difesa del Meccanismo di Stabilità.
Peraltro, se la logica mondiale vigente è quella del WTO e delle lobbies finanziarie, non si può contestare agli oppositori l’errore di comportamento solidaristico e unitario europeo, perché il limite della richiesta di solidarietà è rappresentato dal rischio di uscire dai games mondiali economici e finanziari, usando parametri diversi.
Inoltre, senza la individuazione di norme condivise, che regolino i rapporti economici e finanziari internazionali, che si aggiungano a quelle preliminari che hanno dato vita al WTO e agli organismi di regolazione dei rapporti finanziari, il mondo sarà in un sistema, certamente dinamico per effetto della confronto concorrenziale in ogni campo, ma sicuramente incapace di creare dei percorsi di prospettiva che le Istituzioni statuali devono avere, perché esse rispondono non ai fruitori dei dividendi azionari del momento, ma a cittadini (tutta la popolazione mondiale) che chiedono di conoscere le prospettive di vita per loro e le generazioni a seguire, vivendo nella stragrande maggioranza dei casi con un reddito di sopravvivenza.
La democrazia è negata dalla “cultura dell’élite”, affermatasi da qualche tempo a questa parte e deve essere necessariamente ripristinata per assicurare alla popolazione mondiale un futuro di pace e di benessere.
Se optiamo per la tale scelta, dobbiamo necessariamente immaginare di cambiare modello di governo dei rapporti internazionali economico-finanziari, alla luce delle disponibilità di ricchezza che il mondo offre.
Lo stesso accumulo della ricchezza, che per molti è spropositato e per pochissimi (l’1 %) adeguato, non potrebbe aversi e non potrà continuare ad esserci se non si stabilizza la situazione dei popoli e gli stessi non sono messi in condizione di produrre beni e servizi per continuare a consumare e a fruire; quindi gli imprenditori della finanza e dell’economia, per trarre vantaggio dalla loro opera, hanno la necessità e l’interesse a mettere in condizione i popoli di vivere dignitosamente, non come gesto di solidarietà ai quali non si chiede, ma per ottenere e garantirsi il proprio tornaconto.
Secondo il Credit Suisse Global Wealth Report 2019 la ricchezza globale nel mondo ha raggiunto i 360.000 miliardi di USD con una media a persona di circa 48.000 USD e con una macroscopica articolazione, che registra ancora circa 700 milioni di persone che vivono con meno di 2 USD al giorno.
Secondo fonte CIA il Debito pubblico nel mondo è pari al 226.5 % del PIL mondiale, quindi è di circa 188.000 mld USD e il PIL globale è di 84.900 mld USD (FMI Report 2019).
Un altro dato da prendere in considerazione è quello relativo al valore nozionale dei Titoli Derivati, stimato in 2.200.000 miliardi di USD (Fonte Il Sole 24 Ore) e cumulanti un valore commerciale di circa USD 800.000 miliardi, pari al 40 % del valore nozionale e quindi dieci volte maggiore del PIL globale, calcolato in 84.900 miliardi USD.
Una esazione dell’1 % del valore commerciale dei Titoli Derivati per 10 anni porterebbe a zero il debito pubblico globale; se l’esazione fosse del 2 % si reperirebbero risorse a livello mondiale per sostenere le economie dei Paesi in crisi economica (si prendono a riferimento i Titoli Derivati in quanto essi cumulano i maggiori guadagni e non alterano l’equilibrio dei valori aziendali, che si basa prevalentemente sulla “qualità totale” dell’azienda).
Se i Paesi dell’Unione Europea e la stessa Unione (con il secondo PIL mondiale, dopo gli USA e prima della Cina) non porranno il problema dell’uso delle aliquote minime della ricchezza mondiale indicate per risolvere le crisi, che il sistema prevalentemente ha prodotto, almeno in moltissimi Paesi, il tracollo dell’economia mondiale è un rischio imminente, nonostante l’ostentazione di potenza e la sicumera con la quale alcuni Paesi affrontano la situazione odierna.
Qualora si ritenesse impraticabile tale proposta, bisognerebbe formularne altre che comunque si pongano il problema di riformare il sistema mondiale in termini più equi; non bisogna mai dimenticare che siamo in piena globalizzazione e le iniziative unilaterali si possono assumere se si ha una massa critica economica in grado di confrontarsi non tanto con gli Stati, ma con i potentissimi aggregati finanziari.
La pandemia da Covid 19 è una grande opportunità, considerato che si è sottovalutata la situazione sia nel 2001 (Torri Gemelle) sia nel 2008 (Lehman Brothers) e da questa bisogna partire per richiedere una riunione urgente del G 20, nella quale aprire un serio confronto per la riorganizzazione del sistema delle relazioni economiche, finanziarie e commerciali mondiali.
Le polemiche che leggo quotidianamente sulla stampa contro la Germania o l’Olanda, il Regno Unito o la Russia, gli Usa e la Cina, pur avendo una qualche motivazione, sono inefficaci a definire realmente un assetto, che comunque potrebbe essere sempre parziale e mai globale e resterebbe nell’ambito delle logiche esistenti, che invece dovranno essere rigenerate e contestualizzate in un mondo che è uscito dalla logica dei blocchi ideologici.
Si dovrebbe chiedere ai governanti di abbandonare le visioni conflittuali del “secolo breve” di Hobsbawm e di entrare a pieno titolo nel XXI secolo, consapevoli di non aver saputo utilizzare i primi venti anni, ma orgogliosi di offrire al mondo prospettive di Pace e di Benessere per tutti almeno per il futuro.