Renzi: il rottamatore rottamato

Renzi: il rottamatore rottamato

13 Dicembre 2016 0 Di Danilo Campanella

#MATTEOSTAISERENOTU

La rottamanzione renziana non oltrepassa i mille giorni di governo. 

Matteo Renzi giunse al potere, chiedendo ai suoi colleghi di “stare sereni”, per poi fare loro allegramente le scarpe grazie ad una serie di circostanze favorevoli.

Se in Italia occorre una forte dose di energia per convincere elettori, spesso immaturi ed ancora troppo innamorati dell’uomo forte (“della provvidenza”), una volta al potere non li si può convincere di essere degli outsider. L’italiano medio sa troppo bene che, chi ha il potere, è un privilegiato, e come tale smette di sostenerlo; il presidente Renzi giunse al potere facendo carne da macello dei suoi stessi membri di partito ma, soprattutto, senza passare per le urne, che lo hanno alla fine divorato.

Una ferrea legge del contrappasso di dantesca memoria, che nel nostro Paese stenterà a tramontare. Anche in un momento storico come questo, in cui la crisi economica è ancora pressante, come anche le aspettative dell’Europa, gli italiani non temono le cadute di governo: abbiamo visto susseguirsi sessantatré governi in settant’anni. La nostra precaria salute di ferro ci viene sempre in aiuto.

La vision coraggiosa, a volte sfrontata, di Renzi, ha dato i suoi frutti sin quando gli italiani non han veduto, nella proposta di riforma costituzionale del suo governo, una ulteriore concentrazione di tale personalismo politico; tale è parso voler neutralizzare il senato, rafforzando un esecutivo in cui vi erano ben pochi disposti a contraddire un leader che era sia Presidente del Consiglio sia Segretario del suo stesso partito politico. Nonostante avesse trionfato più e più volte in battaglie che un suo successore, Silvio Berlisconi, non era riuscito a portare a compimento – poiché si trovava nel partito sbagliato per poterlo fare – ha esasperato troppo la sua retorica paternalistica, forte dell’appoggio europeo, ma debole in quello interno.

Abbandonato dalla minoranza Dem e osteggiato a spron battuto da Salvini e da Beppe Grillo, è caduto sulla Costituzione. A niente sono serviti gli appoggi di uomini e donne dell’industria e dello spettacolo. Lo stesso attore e regista Roberto Benigni, che da sempre è difensore ed amante di quella che definì “la costituzione più bella del mondo” quando Berlusconi ne tentava una timida revisione, espresse il suo favore nella proposta renziana.

L’opposizione del Pdl, della Lega e del M5s hanno fatto il resto. Non che la Lega e il Pdl lasceranno spazio al Movimento Cinque Stelle, tutt’altro:  essi cercano in tutti i modi di farsi nuovamente spazio, in un nuovo esecutivo, oltre l’attuale parentesi Gentiloni, Presidente del consiglio “pro tempore e con riserva”, escludendo i pentastellati, anche grazie o a causa della loro rigida etica giustizialista ed anti casta.

Questo Paese non si salverà, se gli italiani non scenderanno in piazza, per far sentire con forza il loro desiderio di partecipazione democratica. Non una partecipazione virtuale, perché il potere non sente le mezze misure.