Libri di Merda, ovvero, artisticamente uccidere l’editoria.

Libri di Merda, ovvero, artisticamente uccidere l’editoria.

4 Aprile 2017 0 Di Danilo Campanella

Nel postmodernismo della volontà e rappresentazione, ossia quello che noi viviamo, nel magma indistinto del qui ed ora, è difficilissimo prendere una posizione netta. Anche e soprattutto nel panorama culturale, quello dell’intellighenzia, un apice che si è sempre più allargato comprendendo molti, anzi, moltissimi, che ritengono, a ragione, di sentirsi artisti.

Artista nel senso più ampio del termine, quale dovrebbe essere anche lo scrittore. Eppure dobbiamo fare una distinzione tra lo scrittore, inteso con “chi scrive”, e il letterato. Ora, sta a noi stessi, con un briciolo di violenta onestà intellettuale, valutarci “uomini e donne di lettere” oppure no. Un grande dibattito si apre oggi sulla questione dello scrivere. Lo scrittore deve poter vivere del suo lavoro, oppure no? Contano i numeri? Deve affidarsi a un editor? Ha bisogno di un motivo universale per scrivere? La stra-citata casalinga di Voghera può definirsi scrittrice, dopo aver mandato alle stampe, magari di una anonima casa editrice, cinque romanzi rosa?

Un tempo non c’erano questi problemi, perché scrivevano in dieci, e di quelli, otto li ricordiamo ancora oggi, in cui scriviamo in mille.

È quindi difficile oggi avere un’opinione dialetticamente opposta a quella della maggioranza. È chiaro, però, che vi sia una vittima, e questa vittima è il libro o, per essere filosofici, l’arte.

Si, perché al di là di tutte le rassicurazioni di quelle stamperie abbellite chiamate case editrici, che vendono fumo e sogni all’ego dei molti sventurati che si credono i nuovi apostoli della letteratura, o del bello scrivere, nessuno si ricorderà, nei prossimi cento anni, del novantanove percento di chi, oggi, si cimenta nello scrivere, soprattutto narrativa.

Questo significa che io non posso vivere tranquillo, e liberamente scrivere, senza dovermi sentire il senso di colpa per non essere all’altezza dei grandi scrittori dell’Ottocento?

Cercherò di esprimermi col seguente esempio. Nel campo dell’arte abbiamo un esempio che manca al panorama letterario: quello di Manzoni. Non sto parlando di Alessandro, ovviamente, ma di Piero.

Ora, l’opera di Manzoni (Piero) è molto importante perché varrà per tutti i campi della libera espressione poetica e artistica. Egli cominciò a notare che, già all’epoca (1961), anche la casalinga di Voghera dipingeva i quadrucci, li esponeva e si re-inventava artistoide, facendo magari un corso celere in qualche scuola d’arte, per poi esporre i suoi quadri. Dopo due o tre mostre, la casalinga fondava un’associazione, e diventava lei stessa maestra, insegnando ad altre casalinghe, inesperte, come si dipinge. Ecco, il genio di Piero Manzoni è qui, nel vedere l’artista, o il presunto tale, come colui che non è più nell’arte, ma usa l’arte, come mezzo (e non come fine) per eternarsi, in un puro, mediocre egoismo. Fare quadri per farsi vedere, per mostrarsi, per essere famosi, per esser-ci (Heidegger); ne parlò molto bene Umberto Eco ne “Il pendolo di Foucault” libro che invito tutti (anche gli scrittori) a legger-si (Campanella). Divertente quando Eco racconta le peripezie di una simpatica casa editrice in combutta con il suo editor, per spillare quanti più soldi ai suoi scrittori-clienti, facendoli fessi e contenti. Ma torniamo al Manzoni. Nel suo barattolo intitolato “Merda di artista” c’è proprio quello; ma non è merda di cameriere, di casalinga, di sciampista, di avvocato, di medico, di panettiere, di muratore, di estetista, di tassinaro … è di artista. Perché?

Ovvio, se lui era un artista la sua era, appunto, merda di artista. Possiamo traslare lo stesso esempio anche all’editoria: se tutti quelli che volessero produrre libri (merda) lo facessero, ci sarebbe una tale inflazione che non guadagnerebbe più nessuno, le case editrici sarebbero costrette a guardare non alla qualità ma alla quantità, ed allo scrittore non come artista ma come cliente, e al loro lavoro non come una missione ma come una catena di montaggio. Esattamente quello che vediamo oggi. Vendono libri come se dessero pomodori al mercato. Più onesto è colui che scrive per soldi, poiché ha un obiettivo preciso. 

D’altro canto, si dirà, non possiamo equiparare i maestri di cent’anni fa agli scrittori di oggi. Scriviamo, allora, merda più recente. Facciam conto che gli scrittori di oggi siano gli eredi degli scrittori di ieri, perché non ve ne sono altri sotto il sole. Sono anche loro, quindi, degli scrittori. Il ragazzo o la casalinga che trovo alle fiere e che presentano il loro libro, oppure che lo pubblicizzano su internet, o alla tale libreria, sono quindi, a tutti gli effetti, degli allievi del Manzoni (sia di Alessandro che di Piero), quindi li chiamiamo scrittori, ed entrano nel mercato. Da qui l’esigenza, invero assai intelligente e opportuna, degli editori, di stampare poche centinaia di copie di ogni “opera”, in maniera tale di limitare la produzione al minimo indispensabile. Non è un caso che Piero Manzoni avesse limitato la sua opera a poche scatolette numerate, simbolo anch’esso del suo messaggio. Malauguratamente, ciò che non difetta la bassa tiratura, lo fa l’alto numero dei produttori di merda. Essi, in svariate migliaia, otturano il mercato, divenuto, quindi, un cesso.

Il problema è che gli scrittori, fino al 1950 circa, non scrivevano per se stessi, o per la stampa, ma per elevare le masse e dare loro una ragione di vita. C’erano poi gli elitaristi, coloro che scrivevano per la classe egemone, i pochi; mentre oggi tutti scrivono per tutti, per la mamma e per il papà, per la fidanzata, i figli e il marito, gli amici e i conoscenti poi, se ve n’è, anche per gli sconosciuti, affinché anche il Bukowski dell’idroscalo abbia i suoi fans, i suoi adoratori, i suoi ammiratori, le persone che gli dicano e gli scrivano quanto lui è bravo, a fare ciò che fa. Si potrebbe pensare che gli editori ci godano. Invece no, fanno la fame, anche loro, da buoni produttori di merda (d’artista). Il prossimo passo sarà, ovviamente, di oltrepassare la merda; ma ciò è già avvenuto, ed è la ragione per cui la gente non legge più. Lo dissi ad una delle tante disgraziate conferenze a cui partecipai in passato. Chi scrive oggi è, generalmente, un “non classificato”, non risulta nelle mappe, negli annali: non c’è. Non gli si può nemmeno dare un giudizio negativo, perché non esiste. Peggio degli “scrittori” che vendono decine di migliaia di copie dicendo fuffa, vi sono solo quelli che, nel dire fuffa, non vendono niente.

Non pretendo di aver detto la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità. Penso di aver detto anche cose sbagliate. Sempre mutuando Eco, è utile una frase presente nel succitato libro, ovverosia:

«Si possono dire le cose sbagliate, basta che le ragioni siano giuste».